Sezione per il Dialogo Interreligioso del CCEE
Seminario on-line 5 novembre 2020
Le religioni al servizio della fraternità nel mondo
Sua Em.za Cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ
Presidente, 
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

Cari confratelli nell’episcopato,
Cari delegati per il dialogo interreligioso,
Cari amici

Anche se costretto alla lontananza, a causa dell’attuale situzione pandemica, sono lieto di partecipare all’odierno seminario-online promosso dalla Sezione per il Dialogo Interreligioso del CCEE, che ringrazio vivamente, e che vuole riflettere in particolare su tematiche relative alle relazioni tra Chiesa cattolica e musulmani in Europa.

Il relatore che parlerà dopo di me focalizzerà il tema dei musulmani in Europa, pertanto ho pensato che il mio contributo potesse riguardare più in generale il dialogo interreligioso.

Indirizzandosi al Cardinale Segretario di Stato, il Santo Padre ha scritto: “Un’Europa divisa, composta di realtà solitarie ed indipendenti, si troverà facilmente incapace di affrontare le sfide del futuro. Un’“Europa comunità”, solidale e fraterna, saprà invece fare tesoro delle differenze e del contributo di ciascuno per fronteggiare insieme le questioni che l’attendono” (Lettera del Santo Padre Francesco
sull’Europa
, 22 ottobre 2020).

L’Europa ha conosciuto, e conosce, il virus antico delle divisioni e dell’egoismo, che è riuscita a superare con il vaccino sempre efficace della solidarietà accanto al quale Papa Francesco ci invita oggi ad usare quello “fratellanza umana”.

Quando era stato previsto l’incontro a Sarajevo, nell’aprile 2020, ancora non era noto il contenuto dell’Enciclica Fratelli tutti alla quale farò ovviamente riferimento perchè è un documento fondamentale per la comprensione della fraternità e delle relazioni interreligiose.

Viviamo oggi in un contesto reso ancor più grave dalla pandemia di Covid-19. “Da una crisi si esce o migliori o peggiori. Dobbiamo scegliere noi”, ha affermato Papa Francesco durante l’udienza generale del 2 settembre. A un mese di distanza da quell’appello, il Santo Padre ci ha offerto con Fratelli tutti una bussola per navigare nelle acque agitate nella pandemia. Ma la nuova enciclica non è solo una risposta all’epocale emergenza sanitaria. Come spiega lo stesso Pontefice, le “questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale” sono sempre state tra le sue “preoccupazioni”.

Aperta da una breve introduzione e articolata in otto capitoli, l’Enciclica raccoglie – come spiega il Papa stesso – molte delle sue riflessioni sulla fraternità e l’amicizia sociale, collocate però in un contesto più ampio.

Con l’Enciclica il Papa traccia una strada per dissipare le tante “ombre di un mondo chiuso”. L’elenco delle tematiche affrontate dal documento è lungo, dalle migrazioni alla riforma delle istituzioni internazionali, e richiederà una lettura attenta di ogni paragrafo. Non serve in ogni caso essere addetti ai lavori per farsi carico dei problemi posti dal Pontefice. Si tratta di coltivare la virtù della carità a ogni livello, dalla vita personale a quella politica: come spiega infatti il Papa, “è carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità” (Ft 186).

I leader delle diverse tradizioni religiose e le comunità che essi guidano, camminando insieme sulla strada del dialogo interreligioso, possono davvero offrire il proprio contributo alla fratellanza universale nelle società in cui vivono. Scrive Papa Francesco nell’Enciclica, da lui stesso definita sociale (Ft 6): “Non è accettabile che nel dibattito pubblico abbiano voce soltanto i potenti e gli scienziati. Dev’esserci uno spazio per la riflessione che procede da uno sfondo religioso che raccoglie secoli di esperienza e di sapienza” (Ft 275). Infatti il credente è testimone e portatore di valori, che possono grandemente contribuire ad edificare società più giuste e sane. La rettitudine, la fedeltà, l’amore per il bene comune, l’attenzione per gli altri, soprattutto per quanti si trovano nel bisogno, la benevolenza e la misericordia sono elementi che possiamo condividere con le varie religioni. Nel mondo di oggi, segnato tragicamente dalla dimenticanza di Dio o dall’abuso che si fa del Suo nome, le persone appartenenti alle diverse religioni sono chiamate, con un impegno solidale, a difendere e promuovere la pace e la giustizia, la dignità umana e la protezione dell’ambiente. Dobbiamo offrire la nostra collaborazione alle società di cui noi credenti siamo cittadini, e mettere a disposizione di tutti i nostri comuni valori e le nostre convinzioni più profonde che riguardano il carattere sacro ed inviolabile della vita e della persona umana. Il dialogo interreligioso ha una funzione essenziale per costruire una convivenza civile, una società che includa e che non sia edificata sulla cultura dello scarto ed è una condizione necessaria per la pace nel mondo. In un mondo disumanizzato, nel quale la cultura dell’indifferenza e dell’avidità contraddistinguono i rapporti tra gli esseri umani, c’è bisogno di una solidarietà nuova e universale e di un nuovo dialogo basato sulla fraternità.

Una società fraterna, dunque, sarà quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” (Ft 105) e per permettere a tutti di dare il meglio di sé. Due, in particolare, gli ‘strumenti’ per realizzare questo tipo di società: la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro (Ft 112), e la solidarietà che ha cura delle fragilità e si esprime nel servizio alle persone e non alle ideologie, lottando contro povertà e disuguaglianze (Ft 115).

Leggendo l’Enciclica, ci si sente chiamati alle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze sulla scena internazionale. Vi sono richieste concrete come quella per una riforma dell’Onu, in cui anche le nazioni più povere contino alla pari con le altre (Ft 173); un condono del debito estero dei Paesi più poveri (Ft 126); un potenziamento della destinazione universale della proprietà privata (Ft 123); la fine del commercio delle armi, soprattutto nucleari (Ft 262). Tutto questo si basa su un impegno della comunità internazionale, ma anche sull’impegno personale e di gruppo per una cultura del dialogo e della pace, che viene costruita con stile artigianale (Ft 217). La fraternità può esercitare un ruolo dirompente sulle relazioni internazionali all’interno di un mondo multipolare e, aggiungo io, multireligioso.

Mi piace infine sottolineare che l’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire “il fratello universale” (Ft 286-287) e con due bellissime preghiere: una “al Creatore” e l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli uomini alberghi “uno spirito di fratelli”.

Fratelli tutti  e il Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune

Il Santo Padre fa esplicitamente riferimento nell’Enciclica al Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, siglato il 4 febbraio 2019 a Abu Dhabi da lui stesso e dal Grand Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb. Si tratta, come ho già detto in diverse occasioni, di un documento storico per i credenti delle varie religioni, nonchè per tutte le persone di buona volontà. E’ la famiglia umana ad essere interpellata e coinvolta. Il Documento in sé pur essendo nato, come ha ben spiegato il Santo Padre, da una lunga e attenta riflessione comune in ambito musulmano e cattolico, non ha nulla che non possa essere condiviso da altri. Papa Francesco ha sviluppato nell’Enciclica il ragionamento sulla fratellanza contenuto nel documento firmato ad Abu Dhabi e messo in evidenza anche dall’Enciclica Laudato si’. Infatti, tutti e tre i testi mirano insieme allo stesso fine: realizzare la fraternità universale; superare e combattere l’individualismo, per passare dalla “globalizzazione dell’indifferenza” alla “globalizzazione della fraternità”.

Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar si sono scoperti fratelli nella promozione della giustizia e della pace, garantendo i diritti umani e la libertà religiosa. Attraverso la cultura del dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca, il Documento fa appello a porre fine alle guerre e condanna le piaghe del terrorismo e della violenza, specialmente quella rivestita di motivazioni religiose. “La fede – si legge nella prefazione – porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”.

Due sono gli appelli fondamentali contenuti nella dichiarazione che vorrei sottolineare: alla libertà religiosa e al dialogo. La Dichiarazione attesta che “la libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione”. Per questo si condanna il fatto di “costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Il pieno esercizio di tale libertà religiosa è possibile quando vengono riconosciuti eguali diritti di cittadinanza a musulmani e cristiani nei loro paesi, rinunciando all’uso “discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. Così afferma il primo articolo della Dichiarazione. Per quanto riguarda il dialogo, si afferma che attraverso la comprensione e l’accettazione dell’altro, non solo si contribuisce a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano, ma con il dialogo i credenti possono “incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni”.

Confessa il Papa di essersi sentito stimolato per la sua terza enciclica dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb e dall’incontro di Abu Dhabi, incontro conclusosi con la firma del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” nel quale si afferma che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro” (4 febbraio 2019). L’Enciclica si propone di approfondire i grandi temi esposti nel Documento sulla fratellanza e di rispondere alle sollecitazioni giunte al Papa da tante persone e gruppi di tutto il mondo (cfr Ft 4).

Colpisce anche la metodologia adottata dal Santo Padre per redigere l’Enciclica: “Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà” (Ft 6). Si tratta, pertanto, di una riflessione compiuta nel dialogo, nell’impegno congiunto e nell’ascolto. E’ anche questo un esempio di fraternità!

È evidente l’apertura al dialogo ecumenico e interreligioso, che ha caratterizzato fin dall’inizio questo pontificato.

Senza avere la pretesa di essere esaustivo cercherò di evidenziare quali sono i punti del Documento sulla Fratellanza, citato nove volte nell’Enciclica, riproposti nella Fratelli tutti.

Nel capitolo quarto, dal titolo “Un cuore aperto al mondo intero”, dedicato alla salvaguardia della pluralità delle culture umane e della relazione tra di esse a partire dal fenomeno migratorio, Papa Francesco rinomina l’incontro con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb insieme al quale si è fissato lo sguardo sul mondo in maniera aperta, concentrandosi in particolare su Oriente e Occidente: “il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura” (Ft 136).

Papa Francesco ripropone il documento sulla Fratellanza nel capitolo V dedicato a “La migliore politica”, documento nel quale insieme al Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, viene chiesto “agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente” (Ft 192). La “migliore politica” deve essere posta a servizio del bene comune per poter costruire una comunità umana unita nella fraternità e nell’amicizia sociale, nel superamento di nazionalismi e populismi.

Come emerge dalla lettura del Documento firmato a Abu Dhabi nel mondo plurale, nella società globalizzata, non si può costruire una riconciliazione tra Oriente e Occidente tra Nord e Sud se non si parte da un punto comune: la condanna, il rigetto di ogni tipo di violenza e della guerra.

Dal Papa anche l’invito a stabilire, nella società, il concetto di “piena cittadinanza”, rinunciando all’uso discriminatorio del termine “minoranze” (Ft 129-131), come detto nel Documento.

Ciò che occorre è uno sviluppo solidale di tutti i popoli che sia basato sul principio della gratuità. In tal modo, i Paesi potranno pensare come “una famiglia umana” (Ft 139-141). L’altro diverso da noi è un dono ed un arricchimento per tutti, scrive Francesco, perché le differenze rappresentano una possibilità di crescita (Ft 133-135). Una cultura sana è una cultura accogliente che sa aprirsi all’altro, senza rinunciare a se stessa, offrendogli qualcosa di autentico. Come in un poliedro – immagine cara al Pontefice – il tutto è più delle singole parti, ma ognuna di esse è rispettata nel suo valore (Ft 145-146).

Nell’ottavo e ultimo capitolo, il Pontefice si sofferma su “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo” e ribadisce che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose, bensì nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato (Ft 282-283). Al contempo, il Papa sottolinea che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è, dunque, necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano fondamentale per tutti i credenti.

“Talvolta la violenza fondamentalista viene scatenata in alcuni gruppi di qualsiasi religione dall’imprudenza dei loro leader”. Tuttavia, “il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni religiose che rappresentiamo. […] Come leader religiosi siamo chiamati ad essere veri dialoganti, ad agire nella costruzione della pace non come intermediari, ma come autentici mediatori” (Ft 279). La condanna della violenza e il diritto alla libertà religiosa sono concetti ribaditi con forza nel Documento sulla Fratellanza.

L’Enciclica si conclude, infine, con la ripresa dell’ “appello alla pace, alla giustizia e alla fraternità” fatto insieme al Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb nell’incontro fraterno di Abu Dhabi; appello preceduto da una dichiarazione sulla necessità di liberare le religioni dalla violenza che spesso hanno veicolato nella storia: “dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini (…). Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente” (Ft, 285). Il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Conclusione

Come ho già detto tutto il Capitolo ottavo dell’Enciclica è incentrato sul servizio che le diverse religioni devono offrire alla fraternità universale e alla difesa della giustizia nella società. “Il dialogo tra persone di religioni differenti non si fa solamente per diplomazia, cortesia o tolleranza”. Come hanno insegnato i Vescovi dell’India: “l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore” (Ft, 272).

Il Santo Padre al di là del dove, del quando e del con chi, ci ricorda che siamo chiamati a realizzare ciò che è, oggi e ovunque, strettamente necessario per il nostro mondo, e cioè il dialogo interreligioso.

Ecco allora che l’arte di saper dialogare, in tutte le sue accezioni, diventa un imperativo. Per Papa Francesco è la via per aprirsi ai bisogni del mondo e costruire l’amicizia sociale: “Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto” (Ft 6, 198). Il dialogo rispetta e cerca la verità; il dialogo fa nascere la cultura dell’incontro, vale a dire che l’incontro diventa uno stile di vita, una passione e un desiderio. Chi dialoga è gentile, riconosce la dignità dell’altro e la rispetta. Si legge nella Fratelli tutti: “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane (…)” (Ft 6, 224).

Il Santo Padre è fermamente convinto che grazie ad un’autentica collaborazione fra credenti, si possa lavorare per contribuire al bene di tutti, individuando le tante ingiustizie che ancora affliggono questo mondo e condannando ogni violenza.

“Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!” Così si legge nella pagina Twitter ufficiale di Sua Santità il 6 ottobre.

Il “sogno” di papa Francesco, porta a suggerire che i diritti umani siano davvero universali (Ft 206-segg), e che ogni uomo possa vivere in un mondo senza frontiere (Ft 124). Papa Francesco esorta tutti a una fraternità universale, che superi gli odi, il dominio, le ingiustizie. Tutti siamo chiamati, come ci indica Papa Francesco nella figura del Buon Samaritano, a farci prossimi all’altro (Ft 81), superando pregiudizi, interessi personali, barriere storiche, culturali o religiose. Tutti, infatti, siamo corresponsabili nella costruzione di una società che sappia includere, integrare e sollevare chi è caduto o è sofferente (Ft 77).

Basterebbero questi miei rapidi accenni per cogliere la rilevanza assunta dal dialogo interreligioso, a partire da quello islamo-cristiano, nella genesi della nuova enciclica. Nonostante questa prospettiva particolare, Fratelli tutti non è un documento sulle relazioni interreligiose. Piuttosto, Papa Francesco eleva il rapporto tra credenti di fedi diverse a paradigma di amicizia sociale valido per tutti gli uomini, credenti e non credenti, facendo della fraternità quel principio unificante del quale ha bisogno questa umanità dolente.

In questo tempo inedito a causa della pandemia, l’insegnamento di Papa Francesco continua a tracciare una strada ben precisa e percorribile da tutti gli uomini di buona volontà.

Dobbiamo mettere da parte pregiudizi, indugi e difficoltà. Pur non rinunciando in nulla alla nostra identità o rifacendosi ad un facile irenismo, con forza e con coraggio, si deve affermare la necessità della fraternità umana e dell’amicizia sociale quali condizioni necessarie per l’ottenimento di quella pace alla quale anela il mondo intero. La fantasia che nasce dall’amore per il prossimo bisognoso ci guiderà a compiere le azioni necessarie per costruire una società fraterna.

Grazie per la cortese attenzione.