LETTERA ENCICLICA
LAUDATO SI’
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA CURA DELLA CASA COMUNE

Estratti

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Il mio appello

13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.

14. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale. Come hanno detto i Vescovi del Sudafrica, «i talenti e il coinvolgimento di tutti sono necessari per riparare il danno causato dagli umani sulla creazione di Dio».[22] Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità.

CAPITOLO SECONDO

IL VANGELO DELLA CREAZIONE

62. Perché inserire in questo documento, rivolto a tutte le persone di buona volontà, un capitolo riferito alle convinzioni di fede? Sono consapevole che, nel campo della politica e del pensiero, alcuni rifiutano con forza l’idea di un Creatore, o la ritengono irrilevante, al punto da relegare all’ambito dell’irrazionale la ricchezza che le religioni possono offrire per un’ecologia integrale e per il pieno sviluppo del genere umano. Altre volte si suppone che esse costituiscano una sottocultura che dev’essere semplicemente tollerata. Tuttavia, la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe.

I. LA LUCE CHE LA FEDE OFFRE

63. Se teniamo conto della complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause, dovremmo riconoscere che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. È necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità. Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio. Inoltre la Chiesa Cattolica è aperta al dialogo con il pensiero filosofico, e ciò le permette di produrre varie sintesi tra fede e ragione. Per quanto riguarda le questioni sociali, questo lo si può constatare nello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa, chiamata ad arricchirsi sempre di più a partire dalle nuove sfide.

64. D’altra parte, anche se questa Enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili. Se il solo fatto di essere umani muove le persone a prendersi cura dell’ambiente del quale sono parte, «i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede».[36] Pertanto, è un bene per l’umanità e per il mondo che noi credenti riconosciamo meglio gli impegni ecologici che scaturiscono dalle nostre convinzioni.

V. LE RELIGIONI NEL DIALOGO CON LE SCIENZE

199. Non si può sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita, l’intima essenza di tutte le creature e l’insieme della realtà. Questo vorrebbe dire superare indebitamente i loro limitati confini metodologici. Se si riflette con questo quadro ristretto, spariscono la sensibilità estetica, la poesia, e persino la capacità della ragione di cogliere il senso e la finalità delle cose.[141] Desidero ricordare che «i testi religiosi classici possono offrire un significato destinato a tutte le epoche, posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti […]. È ragionevole e intelligente relegarli nell’oscurità solo perché sono nati nel contesto di una credenza religiosa?».[142] In realtà, è semplicistico pensare che i principi etici possano presentarsi in modo puramente astratto, slegati da ogni contesto, e il fatto che appaiano con un linguaggio religioso non toglie loro alcun valore nel dibattito pubblico. I principi etici che la ragione è capace di percepire possono riapparire sempre sotto diverse vesti e venire espressi con linguaggi differenti, anche religiosi.

200. D’altra parte, qualunque soluzione tecnica che le scienze pretendano di apportare sarà impotente a risolvere i gravi problemi del mondo se l’umanità perde la sua rotta, se si dimenticano le grandi motivazioni che rendono possibile il vivere insieme, il sacrificio, la bontà. In ogni caso, occorrerà fare appello ai credenti affinché siano coerenti con la propria fede e non la contraddicano con le loro azioni, bisognerà insistere perché si aprano nuovamente alla grazia di Dio e attingano in profondità dalle proprie convinzioni sull’amore, sulla giustizia e sulla pace. Se una cattiva comprensione dei nostri principi ci ha portato a volte a giustificare l’abuso della natura o il dominio dispotico dell’essere umano sul creato, o le guerre, l’ingiustizia e la violenza, come credenti possiamo riconoscere che in tal modo siamo stati infedeli al tesoro di sapienza che avremmo dovuto custodire. Molte volte i limiti culturali di diverse epoche hanno condizionato tale consapevolezza del proprio patrimonio etico e spirituale, ma è precisamente il ritorno alle loro rispettive fonti che permette alle religioni di rispondere meglio alle necessità attuali.

201. La maggior parte degli abitanti del pianeta si dichiarano credenti, e questo dovrebbe spingere le religioni ad entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. È indispensabile anche un dialogo tra le stesse scienze, dato che ognuna è solita chiudersi nei limiti del proprio linguaggio, e la specializzazione tende a diventare isolamento e assolutizzazione del proprio sapere. Questo impedisce di affrontare in modo adeguato i problemi dell’ambiente. Ugualmente si rende necessario un dialogo aperto e rispettoso tra i diversi movimenti ecologisti, fra i quali non mancano le lotte ideologiche. La gravità della crisi ecologica esige da noi tutti di pensare al bene comune e di andare avanti sulla via del dialogo che richiede pazienza, ascesi e generosità, ricordando sempre che «la realtà è superiore all’idea».[143]