La visita del vescovo Martinelli alla Abrahamic Family House promuove il dialogo e l’unità
Padre Stefano Luca OFMCap parla del significato della prima visita pastorale del Vicario Apostolico dell’Arabia Meridionale alla Chiesa di San Francesco presso la Abrahamic Family House di Abu Dhabi.
A cura dell’Ufficio comunicazioni del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale
Domenica 16 giugno si è svolta la prima visita pastorale del Vicario apostolico dell’Arabia meridionale. Qual è il significato per la Chiesa di San Francesco presso la Abrahamic Family House?
Bisogna tenere presente che la Abrahamic Family House è stata aperta praticamente da poco più di un anno, quindi dopo questo primo anno di attività pastorale questa visita ha un’importanza molto particolare. Direi che gli incontri che Sua Eccellenza Mons. Paolo Martinelli ha avuto durante la visita pastorale esprimono almeno tre livelli di significato:
In primo luogo, certamente attesta e testimonia il costante impegno della Chiesa cattolica riguardo l’orizzonte della fraternità umana, e quindi l’impegno nell’esperienza della Abrahamic Family House. Il vescovo Paolo Martinelli ha infatti condiviso il suo sostegno e la volontà del Vicariato di promuovere la stimolante dimensione dialogica del magistero di Papa Francesco.
In secondo luogo, lo stile con cui il Vescovo ha condotto la visita è stato in sé un vero e proprio esercizio fraterno-sinodale. Grazie al suo atteggiamento attento e paterno nei confronti non solo dei fedeli che frequentano la chiesa, ma anche di coloro che lavorano all’interno dell’intero complesso della Abrahamic Family House, ha creato occasioni di dialogo e di ascolto riconoscente. Possiamo dire che questa visita ha testimoniato una pedagogia del cammino condiviso che non viene meno all’ascolto dell’altro da sé, una pedagogia che sceglie di lasciarsi provocare positivamente per procedere insieme sulla strada di una fraternità capace di accogliere le differenze senza superarle. Per questo la visita è stata per noi una grande esperienza nell’esercizio della sinodalità e del dialogo con tutte le persone di buona volontà.
In terzo luogo, le parole di incoraggiamento e di speranza cristiana che i fedeli hanno ascoltato durante il dialogo con il Vescovo sono state di grande aiuto e forza per continuare a essere parte attiva dell’originale e speciale iniziativa dell’Abrahamic Family House.
Padre Stefano, è passato un anno da quando ha iniziato il suo ministero in questo luogo così speciale, può dirci come sta andando?
Direi molto bene. La comunità cristiana sta crescendo non solo in termini numerici, ma anche in termini di senso di appartenenza e di consapevolezza che la convivenza pacifica nel rispetto delle differenze è la chiamata al “desiderio di Dio per l’umanità” di oggi.
Il mio servizio qui è abbastanza intenso e in molteplici ambiti: certamente, prima di tutto, c’è la cura sacramentale e pastorale dei fedeli che frequentano la nostra chiesa di San Francesco, e poi c’è il sostegno e la collaborazione alle attività educative e di dialogo interreligioso che il centro Abrahamic Family House promuove; c’è poi il lavoro di dialogo ecumenico (ogni mese promuoviamo una preghiera di Taizé e stiamo lavorando per celebrare sia la settimana ecumenica di preghiera per il tempo della creazione, a settembre, sia la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, a gennaio); infine, non vanno dimenticati gli incontri più istituzionali con personalità di tutto il mondo: anche questo è un aspetto importante del ministero che svolgo.
Ci dica di più su chi frequenta la chiesa di San Francesco.
Una cosa molto bella è la varietà della comunità cristiana. In tutto il Vicariato la nostra comunità di fede è composta da migranti. Qui siamo tutti migranti, sia il clero che i fedeli. Il vescovo Paolo Martinelli ha più volte richiamato la grande ed entusiasmante sfida e responsabilità di essere una roccaforte per una nuova ecclesiologia, un’ecclesiologia migrante, dove una “Pentecoste teologica” possa trovare spazio ed espressione. Normalmente, nelle parrocchie del Vicariato, cerchiamo di sostenere le varie comunità linguistiche e culturali fornendo loro una cura pastorale specifica, e questo è molto necessario perché una deve mantenere la propria identità. Il Vangelo richiede un’identità culturale per essere incarnato. Tuttavia, questo non può essere sufficiente; infatti, è complementare a questa importante verità mantenere sempre in equilibrio l’appartenenza all’unica Chiesa. L’unità nell’unica vocazione battesimale deve manifestarsi e deve essere sempre alimentata. Qui, mi sembra che il mandato particolare della Chiesa di San Francesco sia quello di essere un segno forte di questa unità battesimale. In altre parole, offriamo a tutta la nostra comunità cattolica un percorso comune per seguire Cristo attraverso la spiritualità francescana. In questo modo, i fedeli provenienti dall’India, dalle Filippine, dall’Africa, dal Medio Oriente o dalla parte occidentale del mondo si uniscono non solo per la celebrazione dei sacramenti, ma anche per tutte le altre attività che promuoviamo.
Ha parlato di spiritualità francescana, potresti dirci perché, e magari darci qualche esempio concreto delle attività che avete realizzato in questo primo anno?
La spiritualità francescana è perché qui tutto è riconducibile a San Francesco d’Assisi. Infatti, è proprio in occasione dell’ottocentesimo anniversario dell’incontro tra San Francesco e il Sultano d’Egitto che nel 2019 il Santo Padre e il Grande Imam di al-Azhar hanno deciso di scrivere e firmare insieme, quella che possiamo definire senza timore, la storica dichiarazione congiunta intitolata Human Fraternity For World Peace And Living Together. Ispirato da questa dichiarazione, il governo degli Emirati ha deciso di realizzare l’Abrahamic Family House. È per questa radice francescana che la chiesa cattolica situata all’interno del complesso è stata dedicata al “Poverello” di Assisi e il Presidente degli Emirati Arabi Uniti – Sua Altezza lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al-Nahyan – l’ha donata al Santo Padre Papa Francesco.
Tuttavia, non è solo l’evento passato tra Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kāmil a suggerirci un’enfasi francescana, ma anche la consapevolezza che la capacità di dialogo e di amicizia universale che la spiritualità francescana porta con sé può essere un sostegno decisivo per i nostri fedeli che vivono fianco a fianco con i musulmani.
Un esempio è il programma di catechesi per adulti intitolato “Le dieci parole francescane”. In breve, si ripercorre la spiritualità francescana attualizzandola in dieci parole. Il programma è piuttosto ampio (ha una durata di circa un paio d’anni) e consiste nell’approfondire ogni parola secondo i quattro pilastri francescani: conoscenza intellettuale, preghiera, condivisione spirituale e fraternità.
Un altro esempio sono gli speciali ottocentenari francescani (il presepe di Greccio 2023; le Stimmate di San Francesco 2024; il Cantico delle Creature 2025; la morte di San Francesco 2026). Per questi eventi di grazia stiamo organizzando incontri speciali per aiutare i fedeli a comprendere come questi anniversari siano profondamente legati alla loro vita quotidiana. Per esempio, stiamo riflettendo molto attraverso il Cantico delle Creature per la promozione e l’attuazione della Laudato si’. A questo proposito, tra novembre e dicembre 2023, gli Emirati hanno svolto un ruolo di primo piano ospitando la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop28). Per la prima volta, era presente un padiglione della fede. Questa è stata una grande opportunità per implementare il tema dell’ecologia anche dal punto di vista del dialogo interreligioso. Infatti, nella Abrahamic Family House abbiamo vissuto diversi eventi di dialogo proprio sul tema dell’ambiente e della sostenibilità attraverso la lente delle diverse fedi.
Queste sono alcune delle attività della Chiesa, immagino che anche la sinagoga e la moschea abbiano le proprie. Ma che cosa ci può dire del dialogo interreligioso? Ci parli un po’ di più delle attività di dialogo che hai appena menzionato.
Certamente. Ogni luogo di culto è indipendente e ha i propri “programmi e attività pastorali” per le rispettive comunità, e questo è molto importante perché manteniamo e rispettiamo le nostre differenze: ognuna delle nostre tre religioni ha spazi fisici separati e dedicati. Non c’è assolutamente nessuna fusione o contaminazione sincretica di alcun tipo in termini di fede e religione. Quindi, dopo aver affermato questo, abbiamo un quarto luogo che chiamiamo: Forum. Qui tutte le comunità si incontrano e partecipano a laboratori pensati proprio per far incontrare le diverse comunità di fede, per dialogare, per conoscersi e per promuovere la comprensione reciproca. Abbiamo laboratori educativi che vanno dalle azioni artistiche alle tavole rotonde o alle chiacchierate intorno al fuoco. Alcune attività sono pensate specificamente per i bambini o i giovani, perché i giovani sono il presente e il futuro!Tutto il grande lavoro che viene svolto nel forum è incentrato sulla promozione dei valori contenuti nel documento sulla Fraternità Umana. Quello che trovo interessante e stimolante è la promozione del Documento su due livelli di azione: quello più teorico e accademico, e quello diretto alla sua divulgazione e alle applicazioni concrete nella vita quotidiana delle persone. Questo è ciò che attuiamo in questo quarto spazio chiamato appunto forum perché è un luogo di incontro e di dialogo. Abrahamic Family House si trova nel cuore del distretto culturale di Abu Dhabi proprio perché promuoviamo la cultura del dialogo e la cultura della fraternità umana.
È interessante che il nome “Abrahamic Family House” contenga il concetto di famiglia e di casa. Quali significati hanno queste parole?
L’Abrahamic Family House non è solo un’istituzione, un luogo di incontro, un centro dove ci sono tre Case di culto e un forum ma, come ha giustamente sottolineato, è una famiglia e quindi una casa.
Innanzitutto, è importante dire che l’Abrahamic Family House è la casa dove vivono i tre leader religiosi. Io ho una residenza dietro la chiesa, il rabbino ha la sua dietro la sinagoga e l’imam ha la sua dietro la moschea. Noi tre viviamo qui, l’Abrahamic Family House è la nostra casa. E questo è un elemento decisivo perché è un’enorme testimonianza di vicinanza, amicizia e profondo rispetto che credo sia unica in tutto il mondo. Questo fare casa tra noi si sente tra i fedeli e tra tutti coloro che visitano l’Abrahamic Family House durante il giorno. Tutti, al di là dell’appartenenza religiosa, continuano a fare lo stesso commento: “Qui c’è un’atmosfera di pace, fraternità e convivenza mai sperimentata prima”.
Qui credo che concretamente ci riconosciamo come tutti appartenenti all’unica famiglia umana, e il fatto di offrire una casa che rispetta le differenze, fornisce luoghi distinti per poter vivere la propria fede, ma allo stesso tempo dialoga sempre e crea spazi di pace, è davvero la realizzazione di ciò che Papa Francesco ha detto una volta: Questo è il momento giusto per camminare insieme […] È un buon giorno per tendere la mano, per celebrare la nostra unità nella differenza – unità, non uniformità, unità nella differenza – per dire alle comunità e alle società in cui viviamo che è arrivato il tempo della fraternità.
Tornando alla visita pastorale del vescovo, quali sono state le indicazioni date da S.E. Mons. Martinelli alla comunità durante la visita?
Tre sono stati gli assi principali del suo discorso. In primo luogo, ha sottolineato l’unicità della nostra Chiesa: “Questa è la Chiesa che il Presidente degli Emirati Arabi Uniti Sua Altezza lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan ha donato al Santo Padre Papa Francesco e che è affidata al Vicariato Apostolico dell’Arabia Meridionale per la sua animazione pastorale. Si tratta quindi di una Chiesa unica al mondo”. Questo implica anche una responsabilità appassionante nel vivere quei valori che formano il framework apostolico della Chiesa di San Francesco: giustizia, pace, libertà, educazione, fraternità e dialogo. È proprio sulla cultura del dialogo che il vescovo si è soffermato, sottolineando che: “il dialogo con persone di fedi diverse non è solo auspicabile ma anche necessario. Non è qualcosa che può riguardare solo un gruppo di intellettuali, ma tutti i fedeli”.
Il secondo punto, che è stato di profonda ispirazione per l’intera comunità di fede, è stata la spiegazione del passo degli Atti degli Apostoli in cui viene descritta la prima comunità cristiana; da questo testo il vescovo ha tratto tre indicazioni concrete per la vita della comunità: il culto dell’unico Dio e la preghiera, la formazione cristiana, la carità e la testimonianza di vita.
Come le prime comunità cristiane, infatti, multietniche e multiculturali, così anche la Chiesa qui è chiamata a vivere nella stessa profonda unione fraterna riconoscendosi in Cristo come figli e figlie dell’unico padre celeste.
Il terzo punto è stato quello di sottolineare la grande opportunità che la chiesa di San Francesco rappresenta per tutti noi di accogliere la visione del poliedro proposta da Papa Francesco. Il vescovo Paolo Martinelli ha infatti aiutato i fedeli a riconoscere che le differenze con le altre religioni non sono un ostacolo, ma al contrario aiutano ciascuno di noi a conoscersi meglio e ad approfondire le proprie radici di fede “Quando si viene in questa chiesa per la celebrazione eucaristica o per un momento di preghiera, si entra in un complesso dove, oltre alla Chiesa cattolica, ci sono anche altri due luoghi di preghiera, la Moschea e la Sinagoga. In questo modo, quando si va in chiesa si è naturalmente portati a riconoscere la presenza di altre religioni e a praticare una convivenza pacifica e costruttiva. I nostri fedeli non possono pensare alla loro chiesa senza riconoscere la presenza significativa di altri luoghi di culto. Si tratta di rispettare le differenze e di far crescere la consapevolezza della nostra fede attraverso le relazioni con le altre religioni. Ognuno conosce meglio se stesso quando riconosce ciò che è diverso da sé”.
Quali prospettive per il futuro della Chiesa di San Francesco?
È difficile dirlo. Certamente, la visione è quella di continuare sempre più a promuovere i valori contenuti nel documento sulla Fraternità Umana sia dal punto di vista pastorale, sia dal punto di vista teologico. La Chiesa di San Francesco nell’Abrahamic Family House ha il potenziale per essere un interessante laboratorio permanente non solo per i fedeli che vivono in questo Paese, ma anche per tutta la Chiesa nel mondo. Potrebbe essere un luogo dove si vive una nuova “Pentecoste della teologia”, un luogo dove l’arricchimento di incontri profondi e autentici tra fedi diverse è una Grazia quotidiana. Un luogo dove le differenze sono percepite come elementi essenziali e complementari di una sinfonia unitaria. Ma ancora una volta, è difficile dirlo. Vedremo dove lo Spirito Santo ci condurrà.