Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del corpo dipomatico 2021

Estratti

Eccellenze, Signore e Signori,

ringrazio il Decano, Sua Eccellenza il Signor George Poulides, Ambasciatore di Cipro, per le cortesi parole e i voti augurali che ha espresso a nome di tutti voi, e mi scuso anzitutto per gli inconvenienti che la cancellazione dell’incontro previsto il 25 gennaio può avervi causato. Vi sono grato per la comprensione e la pazienza, e per aver accolto l’invito a essere presenti questa mattina, nonostante le difficoltà, per il nostro tradizionale ritrovo.

Ci incontriamo stamani nella cornice più spaziosa dell’Aula delle Benedizioni, per rispettare l’esigenza del maggiore distanziamento personale al quale la pandemia ci obbliga. Tuttavia, la distanza è solamente fisica. Il nostro ritrovarci simboleggia piuttosto il contrario. Esso è un segno di vicinanza, di quella prossimità e sostegno reciproco cui deve aspirare la famiglia delle Nazioni. In questo tempo di pandemia si tratta di un dovere ancora più cogente, poiché è evidente a tutti che il virus non conosce barriere né può essere facilmente isolato. Sconfiggerlo è perciò una responsabilità che chiama in causa ciascuno di noi personalmente, come pure i nostri Paesi.

Vi sono perciò riconoscente per l’impegno che quotidianamente profondete per favorire i rapporti fra i vostri Paesi o le Organizzazioni Internazionali che rappresentate e la Santa Sede. Numerose sono le testimonianze di vicinanza reciproca che abbiamo potuto scambiarci nel corso di questi mesi, anche grazie all’uso delle nuove tecnologie, che hanno permesso di superare le limitazioni causate dalla pandemia.

Indubbiamente tutti aspiriamo a riprendere quanto prima i contatti in presenza, e il nostro ritrovarci oggi intende essere un segno di buon auspicio in tal senso. Parimenti, è mio desiderio riprendere a breve i Viaggi Apostolici, cominciando con quello in Iraq, previsto nel marzo prossimo. I viaggi costituiscono, infatti, un aspetto importante della sollecitudine del Successore di Pietro per il Popolo di Dio sparso in tutto il mondo, come pure del dialogo della Santa Sede con gli Stati. Inoltre, essi sono spesso l’occasione propizia per approfondire, in spirito di condivisione e di dialogo, il rapporto tra religioni diverse. Nel nostro tempo, il dialogo interreligioso è una componente importante nell’incontro fra popoli e culture. Quando è inteso non come rinuncia alla propria identità, ma come occasione di maggiore conoscenza e arricchimento reciproco, esso costituisce un’opportunità per i leader religiosi e per i fedeli delle varie confessioni e può sostenere l’opera dei leader politici nella loro responsabilità di edificare il bene comune.

Ugualmente importanti sono gli accordi internazionali, che permettono di approfondire i legami di fiducia reciproca e consentono alla Chiesa di cooperare con maggior efficacia al benessere spirituale e sociale dei vostri Paesi. In tale prospettiva, desidero qui menzionare lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo-quadro tra la Santa Sede e la Repubblica Democratica del Congo e dell’Accordo sullo statuto giuridico della Chiesa Cattolica in Burkina Faso, nonché la firma del Settimo Accordo Addizionale fra la Santa Sede e la Repubblica Austriaca alla Convenzione per il Regolamento di Rapporti Patrimoniali del 23 giugno 1960. Inoltre, il 22 ottobre scorso, la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno concordato di prolungare, per altri due anni, la validità dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi in Cina, firmato a Pechino nel 2018. Si tratta di un’intesa di carattere essenzialmente pastorale e la Santa Sede auspica che il cammino intrapreso prosegua, in spirito di rispetto e di fiducia reciproca, contribuendo ulteriormente alla soluzione delle questioni di comune interesse.