DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI MEMBRI DELL’ECCELLENTISSIMO CORPO DIPLOMATICO
ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE

         
Lunedì, 13 gennaio 2014

Estratti

Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli, di creare comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace….

...Rimanendo nel Medio Oriente, noto con preoccupazione le tensioni che in diversi modi colpiscono la Regione. Guardo con particolare preoccupazione al protrarsi delle difficoltà politiche in Libano, dove un clima di rinnovata collaborazione fra le diverse istanze della società civile e le forze politiche è quanto mai indispensabile per evitare l’acuirsi di contrasti che possono minare la stabilità del Paese. Penso anche all’Egitto, bisognoso di una ritrovata concordia sociale, come pure all’Iraq, che stenta a giungere all’auspicata pace e stabilità. In pari tempo, rilevo con soddisfazione i significativi progressi compiuti nel dialogo tra l’Iran ed il “Gruppo 5+1” sulla questione nucleare.

Rimanendo nel Medio Oriente, noto con preoccupazione le tensioni che in diversi modi colpiscono la Regione. Guardo con particolare preoccupazione al protrarsi delle difficoltà politiche in Libano, dove un clima di rinnovata collaborazione fra le diverse istanze della società civile e le forze politiche è quanto mai indispensabile per evitare l’acuirsi di contrasti che possono minare la stabilità del Paese. Penso anche all’Egitto, bisognoso di una ritrovata concordia sociale, come pure all’Iraq, che stenta a giungere all’auspicata pace e stabilità. In pari tempo, rilevo con soddisfazione i significativi progressi compiuti nel dialogo tra l’Iran ed il “Gruppo 5+1” sulla questione nucleare.

Pure in altre parti dell’Africa, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. Non bisogna mai desistere dal compiere il bene anche quando è arduo e quando si subiscono atti di intolleranza, se non addirittura di vera e propria persecuzione. In vaste aree della Nigeria non si fermano le violenze e continua ad essere versato tanto sangue innocente. Il mio pensiero va soprattutto alla Repubblica Centroafricana, dove la popolazione soffre a causa delle tensioni che il Paese attraversa e che hanno seminato a più riprese distruzione e morte. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per i numerosi sfollati, costretti a vivere in condizioni di indigenza, auspico che l’interessamento della Comunità internazionale contribuisca a far cessare le violenze, a ripristinare lo stato di diritto e a garantire l’accesso degli aiuti umanitari anche alle zone più remote del Paese. Da parte sua, la Chiesa cattolica continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione, adoperandosi con generosità per fornire ogni aiuto possibile alla popolazione e, soprattutto, per ricostruire un clima di riconciliazione e di pace fra tutte le componenti della società. Riconciliazione e pace sono priorità fondamentali anche in altre parti del continente africano. Mi riferisco particolarmente al Mali, dove pur si nota il positivo ripristino delle strutture democratiche del Paese, come pure al Sud Sudan, dove, al contrario, l’instabilità politica dell’ultimo periodo ha già provocato numerosi morti e una nuova emergenza umanitaria.

La Santa Sede segue con viva attenzione anche le vicende dell’Asia, dove la Chiesa desidera condividere le gioie e le attese di tutti i popoli che compongono quel vasto e nobile continente. In occasione del 50° anniversario delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di Corea, vorrei implorare da Dio il dono della riconciliazione nella penisola, con l’auspicio che, per il bene di tutto il popolo coreano, le Parti interessate non si stanchino di cercare punti d’incontro e possibili soluzioni. L’Asia, infatti, ha una lunga storia di pacifica convivenza tra le sue varie componenti civili, etniche e religiose. Occorre incoraggiare tale reciproco rispetto, soprattutto di fronte ad alcuni preoccupanti segnali di un suo indebolimento, in particolare a crescenti atteggiamenti di chiusura che, facendo leva su motivazioni religiose, tendono a privare i cristiani delle loro libertà e a mettere a rischio la convivenza civile. La Santa Sede guarda, invece, con viva speranza i segni di apertura che provengono da Paesi di grande tradizione religiosa e culturale, con i quali desidera collaborare all’edificazione del bene comune.

Il Papa Paolo VI notava che la pace «non si riduce ad un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini» (Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], 76: AAS 59 [1967], 294-295). È questo lo spirito che anima l’azione della Chiesa ovunque nel mondo, attraverso i sacerdoti, i missionari, i fedeli laici, che con grande spirito di dedizione si prodigano, tra l’altro, in molteplici opere di carattere educativo, sanitario ed assistenziale, a servizio dei poveri, dei malati, degli orfani e di chiunque sia bisognoso di aiuto e conforto. A partire da tale «attenzione d’amore» (Esort. ap.  Evangelii gaudium, 199), la Chiesa coopera con tutte le istituzioni che hanno a cuore tanto il bene dei singoli quanto quello comune.